Effetti sulla salute degli inquinanti chimici a base di monossido e biossido di carbonio

Inquinanti chimici: monossido di carbonio e altri veleni

Tra i principali contaminanti chimici che hanno rilevanza dal punto di vista biologico per la qualità dell'aria negli ambienti interni, occorre ricordare i gas di combustione, il fumo di tabacco, particolato, i composti organici e in particolare composti organici volatili, la formaldeide e gli idrocarburi aromatici policiclici e gli antiparassitari.

In questo articolo, primo di una serie di quattro sugli Inquinanti di natura chimica in ambiente interno, si parla di ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido e biossido di carbonio

OSSIDI DI AZOTO

Gli ossidi di azoto che hanno rilevanza dal punto di vista biologico sono il monossido di azoto (NO) ed il biossido di azoto (NO2). Questi due composti vengono prodotti in natura dal metabolismo batterico, dai vulcani e dalle scariche atmosferiche, in quantità assai superiore a quella delle emissioni antropogeniche.

A livello indoor le principali fonti di ossidi di azoto sono costituite da radiatori a cherosene, da stufe e radiatori a gas privi di scarico e dal fumo di tabacco. Nelle abitazioni si riscontrano generalmente concentrazioni inferiori a 250 μg/m3 (microgrammi per metro cubo), tuttavia vi possono essere grandi variazioni nei vari ambienti. I valori più elevati vengono generalmente rilevati nelle cucine.

Una campagna di monitoraggio recentemente condotta in Italia, a Milano, in ambienti indoor (abitazioni ed uffici), ha mostrato, su un tempo medio di 8 ore, concentrazioni medie di NOx da 39.4 μg/m3 (estate) a 73.3 μg/m3 (inverno), con picchi massimi negli uffici di 162 μg/m3 e di 127 μg/m3 in abitazioni dotate di cucina a gas.

Effetti sulla salute degli inquinanti chimici a base di ossidi di Azoto

Tra i vari ossidi di azoto, il NO2 è il più importante per la salute umana; questo gas è 4 volte più pericoloso dell’NO; ma va ricordato che quest’ultimo è in grado di ossidarsi facilmente in NO2 una volta in aria.

I meccanismi mediante cui l’ NO2 induce i suoi effetti tossici nell’uomo sono stati ipotizzati da modelli sperimentali e possono essere descritti in termini di irritazione delle vie aeree fino al broncospasmo negli asmatici, e mantenimento dello stato di infiammazione cronica.

Gli effetti a lungo termine includono alterazioni polmonari a livello cellulare e tessutale, e aumento della suscettibilità alle infezioni polmonari batteriche e virali. Non si hanno invece evidenze di associazione con tumori maligni o danni allo sviluppo fetale.

Va sottolineato quanto possano essere significative le esposizioni prolungate a basse concentrazioni di ossidi di azoto, che rende pericoloso l’inquinamento indoor.

OSSIDI DI ZOLFO

Fra gli ossidi di zolfo presenti nell’aria, il più diffuso è il biossido, detto anche comunemente anidride solforosa (SO2). Tali composti sono presenti per cause naturali ma a concentrazioni irrilevanti. Le concentrazioni di anidride solforosa nell’aria esterna derivano soprattutto dall’uso di combustibili contenenti zolfo, dalla raffinazione del petrolio, da fonderie, da industrie che producono acido solforico e dall’incenerimento di rifiuti; due terzi delle emissioni di anidride solforosa hanno luogo nelle aree urbane.

A livello indoor le principali fonti di anidride solforosa sono costituite da radiatori a cherosene, da stufe e radiatori a gas privi di scarico e dal fumo di tabacco. Nelle abitazioni le concentrazioni medie di anidride solforosa sono generalmente comprese tra 45 e 150 μg/m3; valori elevati superiori a 250 μg/m3 si riscontrano nelle abitazioni riscaldate con stufe a cherosene. Le stufe a cherosene possono emettere anche grandi quantità di vapori acidi.

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Effetti sulla salute degli inquinanti chimici a base di Ossidi di Zolfo

Per l’elevata solubilità in acqua il biossido di zolfo viene facilmente assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio (questo rappresenta una fortuna dato che solo quantità molto ridotte possono raggiungere gli alveoli polmonari). L’alta reattività lo rende un composto estremamente irritante. È stato comunque notato un effetto sinergico con le polveri sospese per la capacità che queste hanno di veicolare gli inquinanti nelle zone più profonde dell’apparato respiratorio.

Limiti e normative

Il limite di sicurezza per i lavoratori esposti al biossido di zolfo, come TLV-TWA (concentrazione limite, calcolata come media ponderata in 8 ore), è di 2 ppm (parti per milione), equivalente a 5.2 mg/m3 (milligrammi per metro cubo); come TLV-STEL (concentrazione alla quale si ritiene che i lavoratori possano essere esposti per breve periodo) è di 5 ppm, pari a 13 mg/m3  (limiti indicati dall’ACGIH, American Conference of Governmental Industrial Hygienists).

MONOSSIDO E BIOSSIDO DI CARBONIO

Il monossido di carbonio (CO) è un gas incolore, inodore e insapore, più leggero dell’aria. Il CO si forma in occasione di processi incompleti di combustione. In assenza di sorgenti antropogeniche è praticamente assente nell’atmosfera.

Il monossido di carbonio è un prodotto di combustione emesso dai motori a benzina, fornelli, stufe, generatori, lampade a gas, oppure che brucino carbone o legno. L'accumulo di monossido di carbonio in spazi completamente o parzialmente chiusi può provocare la morte per avvelenamento di persone e animali presenti.

I livelli di CO sono significativamente influenzati dalla presenza di processi di combustione, quali sistemi di riscaldamento e cottura senza ventilazione o con scarsa ventilazione e fumo di tabacco; in questi casi le concentrazioni interne possono superare quelle esterne. In case con cucina a gas sono stati misurati livelli sino a 60  mg/m3. In uno studio su 14 case con una o più stufe a gas senza ventilazione esterna sono stati rilevati livelli medi indoor di CO da 0.7 a 11  mg/m3, con variazioni dipendenti dall’uso, a fronte di concentrazioni medie esterne da 0.3 a 1.8 mg/m3. Sono stati misurati livelli di picco su brevi intervalli di tempo da 1 ppm a 100 mg/m3 dovuti a sistemi vari di riscaldamento. L’uso intermittente di cucine a gas può portare a picchi di concentrazione sino a 10  mg/m3 e più, mentre le medie a lungo termine (ad esempio, su 24 ore) sono molto minori (dell’ordine di 1 mg/m3).

Il contributo del fumo di tabacco è anch’esso considerevolmente variabile, in particolare in relazione all’entità del numero di sigarette fumate e all’aerazione degli ambienti coinvolti. Alcuni studi indicano che in condizioni di scarsa ventilazione la concentrazione di CO originata dal fumo di tabacco può essere nei termini di poche ppm. Uno studio sperimentale è stato verificato che le concentrazioni di CO attribuibili al fumo di tabacco possono variare da 1 a più di 10 mg/m3. È stato comunque verificato da studi sul campo e in camere sperimentali che il contributo del fumo di tabacco porta ad un incremento della concentrazione di CO rispetto all’esterno che è di regola inferiore di quella indotta da stufe a gas senza ventilazione.

Per le sue caratteristiche l’anidride carbonica viene utilizzata nelle indagini volte a rilevare la qualità dell’aria in ambiente indoor, soprattutto se affollato, anche perché la sua concentrazione risulta spesso direttamente proporzionale alla presenza degli altri gas e vapori emessi dalle persone, di solito molto più molesti in campo olfattivo. In pratica l’anidride carbonica viene utilizzata per valutare le prestazioni degli impianti di trattamento dell’aria e per individuare il grado di diluizione degli inquinanti negli ambienti molto frequentati; in questo senso rappresenta un indicatore della qualità dell’aria.

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Effetti sulla salute degli inquinanti chimici a base di monossido e biossido di carbonio

Per le sue caratteristiche il monossido di carbonio rappresenta un inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi dove si può accumulare in concentrazioni letali. Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritante, può causare morti accidentali senza che le vittime si rendano conto di quel che sta a loro succedendo. Frequenti sono pure i suicidi provocati dai gas di scarico delle automobili nei locali non aerati.

Una concentrazione di CO nell’aria pari a 2000-4000 ppm (0.2%-0.4%) provoca la morte in circa 15 minuti, dopo aver provocato perdita di conoscenza. In presenza di 1000 ppm si sopravvive circa 90 minuti. I primi sintomi dell’avvelenamento sono l’emicrania e un senso di vertigine, purtroppo il gas provoca anche sonnolenza e questo impedisce spesso alle vittime di avvertire il pericolo e di aerare il locale.

Nei fumatori la percentuale di carbossiemoglobina presente nel sangue può variare dal 6% in fumatori moderati, sino al 10% in accaniti fumatori di sigarette che siano esposti anche ad una concentrazione esterna di CO di circa 40 ppm per 1 ora, quando al confronto un non fumatore ha un aumento di carbossiemoglobina da 1.6 al 2.6%.

L’esposizione a monossido di carbonio comporta inoltre l’aggravamento delle malattie cardiovascolari, un peggioramento dello stato di salute nelle persone sane ed un aggravamento delle condizioni circolatorie in generale.

È stato osservato che possono ritenersi adeguate le concentrazioni di anidride carbonica (CO2) che vengono mantenute tra i 400-800 ppm, infatti le persone con questi livelli solitamente non avvertono nemmeno il disagio di ritrovarsi a respirare “aria viziata”.

Non appena le concentrazioni superano questi livelli si noteranno immediatamente effetti sgradevoli o malori più o meno accentuati a seconda del livello della sensibilità personale.

L’anidride carbonica agisce sulle funzioni fisiche e vitali in molti modi, può modificare la respirazione, modificare la regolare circolazione del sangue ed alterare l’acidità dei fluidi del corpo. Le prime percezioni di un’esposizione a concentrazioni elevate portano comunemente ad avvertire fastidi come una difficoltà nel respirare, mal di testa, spossatezza fisica ed una netta sensazione di “mancanza d’aria”. A livelli più alti, 15000-30000 ppm, i sintomi che si manifestano possono includere nausea o vomito, vertigini, depressione mentale, tremori, disturbi della vista, la perdita di coscienza può accadere ma solitamente si verifica in presenza di livelli di concentrazione maggiori. Un’esposizione prolungata ad alte concentrazioni porta ad asfissia, esponendo l’organismo ad un gravissimo calo di ossigeno e ad un esagerato aumento di anidride carbonica, causando incoscienza o addirittura morte. A concentrazioni di 100000 ppm si giunge ad immediati effetti letali.

Limiti e normative

Il limite di sicurezza per i lavoratori esposti al CO, come TLV-TWA, è di 25 ppm, pari a 29 mg/m3  (limite indicato dall’ACGIH, American Conference of Governmental Industrial Hygienists).

Per quanto riguarda gli effetti sulla salute della CO2, in genere si consiglia di non superare una concentrazione indoor di 3500 ppm (6.3 g/m3 ), anche se gli effetti nocivi si evidenziano solitamente oltre i 5000 ppm (che è all’incirca la concentrazione dell’anidride carbonica emessa con il respiro). Bisogna precisare, comunque, che questi valori generalmente non vengono raggiunti nei luoghi chiusi, se non nelle rare occasioni in cui ci si può trovare in ambienti senza ricambi d’aria con l’esterno.

L’amministrazione per la Salute e la Sicurezza Professionale (OSHA) ha redatto caratteristiche limite standard per una concentrazione di anidride carbonica ammissibile nell’aria che è di 0.5% (5000 ppm) per 8 ore continue di esposizione.

(Continua)

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